Immigrazione: giurisprudenza in materia di nulla osta al lavoro

Il ministero dell’Interno, per agevolare le attività degli sportelli unici per l’immigrazione presso le prefetture, ha predisposto una raccolta della Giurisprudenza in materia di nulla osta al lavoro, espulsione, allontanamento e provvedimenti in autotutela.

La raccolta è stata redatta dalla Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno.

Ecco l’indice degli argomenti:

PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE .
Capitolo I —- Sportello Unico per l’immigrazione . . .
Capitolo II —- Procedimento amministrativo per il rilascio di nulla osta
all’avviamento al lavoro subordinato di stranieri .
2.a)–Avvio del procedimento .
2.b)–Acquisizione e valutazione dei pareri del Questore e della
Direzione Provinciale del Lavoro .
2.c)–Disciplina normativa e regolamentare .
2.d)–Natura giuridica .
2.e)–Aspetti controversi e conseguenze giuridiche .
2.f) –Preavviso di rigetto (art.10 bis legge 241/1990) .
2.g)– Adozione e motivazione del provvedimento conclusivo
2.h)– Conseguenze in termini di annullamento del provvedimento di diniego,
di soccombenza e di pagamento delle spese legali .
2.i)– Comunicazione del provvedimento definitorio
2.l)–Termini entro i quali il procedimento deve essere definito .
Capitolo III —- Procedimento amministrativo per il rilascio di nulla osta
al ricongiungimento familiare
3.a)–Art.29 T.U. n. 286/1998
3.b)–Incidenza dello jus superveniens .
3.c)–Insufficienza dell’attestazione di coppia di fatto per ricongiungimento .
3.d)–Inidoneita’ dell’affidamento volontario –Aspetti particolari correlati al diritto
familiare straniero. – Rilevanza dell’istituto musulmano della Kafala .
Capitolo IV—- Procedimento amministrativo per l’emersione del lavoro irregolare
(D.L. 9/9/2002 n. 195, convertito in L. n. 9/10/2002, n. 222-L. n. 102/2009) –
Incidenza e rapporti derivanti da provvedimenti espulsivi –
4.a)–Procedimento per l’espulsione amministrativa (art. 13 T.U. n.286/1998) .
4.b)–Condizioni di espellibilità dei genitori di minori .
4.c)–Espulsione a seguito di diniego di rinnovo di permesso di soggiorno di soggetto
già espulso sotto altre generalità titolare di successivo nulla osta al lavoro e
inserito nel contesto sociale
4.d)–Espulsione di soggetto convivente con minore
Capitolo V—-Vizi procedimentali e rimedio dell’autotutela ( L. 241/1990 )
5.a)–Art. 21 quinques (revoca del provvedimento) .
5.b)–Art.21 septies (nullità del provvedimento) .
5.c)–Art.21 octies (annullabilità del provvedimento) .
5.d)–Art.21 nonies (annullamento d’ufficio) .
5.e)–Introduzione
5.f)–Esercizio dell’autotutela rispetto a normative dichiarate costituzionalmente illegittime .
5.g)–Rapporti tra procedimento amministrativo e processo penale, in presenza di misure
cautelari adottate dall’autorità giudiziaria
5.h)–Insufficiente motivazione dei dinieghi di nulla osta all’assunzione di lavoratori stranieri Capitolo VI—-Atti sollecitatori rispetto all’esercizio dell’autotutela-diffida stragiudiziale.
Capitolo VII—-Principali casi controversi a cui applicare il rimedio dell’autotutela
(art. 21 nonies legge 241/1990 – art.1 comma 136 legge 311/2006)
7.a) — Regolarizzazione lavoratori extracomunitari . .
7.a.1)–Insufficienza della semplice denuncia a carico dello straniero per legittimare
il diniego-sufficienza quando e’ seguita da condanna.
7.a.2)–La condanna penale patteggiata e’ causa ostativa alla regolarizzazione .
7.a.3)–E’ ostativa alla regolarizzazione la segnalazione di Schengen.
Non sussiste l’obbligo per l’Amministrazione di verificare i presupposti e la natura
dell’iscrizione, quando vi è certezza dell’identità del soggetto
7.b) — Rilascio nulla osta per lavoro subordinato .
7.b.1)–Reddito posseduto dal datore di lavoro insufficiente motivazione .
7.b.2)–Revoca del nulla osta per cessazione dell’attività accertata in epoca
successiva al rilascio
7.b.3)–Obbligo dell’amministrazione di concludere il procedimento di rilascio del
nulla osta con un provvedimento motivato nel termine di legge. Conseguenze
del silenzio inadempimento . .
Capitolo VIII—-Revoca del provvedimento di espulsione-condizioni .
8.a)–Straniero precedentemente espulso sotto false generalità, ammesso
(attraverso la procedura dei flussi programmati) all’ingresso con le
vere generalità e quindi inserito nel contesto socio-economico –
Bilanciamento degli interessi – Insufficienza dell’affidamento,
conseguente all’avvenuto successivo inserimento nell’attivita’
lavorativa regolare, ai fini della revoca
8.b)– Straniero precedentemente espulso ed emerso dal lavoro irregolare –
Richiesta di revoca dell’espulsione – Rilevanza dell’avvenuto
inserimento nel contesto sociale .
8.c)–Impugnazione del diniego di nulla osta al lavoro subordinato –
Legittimazione del solo datore di lavoro richiedente – Inammissibilità del ricorso
proposto dallo straniero proposto quale lavoratore . .
9.a)–Ricorsi gerarchici (Capo I –D.P.R.1199/1971) –Art. 1–Ricorso .
9.a.1)–Art. 2 -Termine – Presentazione .
9.a.2)–Art. 3 – Sospensione dell’esecuzione
9.a.3)–Art. 4 – Istruttoria
9.a.4)–Art.5 – Decisione .
9.a.5)–Art.6 – Silenzio
Capitolo X —- Ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica
(Capo III –D.P.R.n.1199/1971)
10.a)–Art. 8 – Ricorso
10.b)–Art. 9 -Termine – Presentazione
10.c)–Art.11 – Istruttoria del ricorso- Richiesta di parere
10.d)–Art. 12 – Organo competente ad esprimere il parere sul ricorso straordinario .
10.e)–Art. 13 – Parere su ricorso straordinario
10.f)–Art.14 – Decisione del ricorso straordinario .
Capitolo XI —- Disciplina tributaria dei ricorsi gerarchici
e straordinari (D.P.R. N. 642/1972) .
11.a)–Verifica della corresponsione dell’imposta di bollo
11.b)–Estratto della normativa relativa agli obblighi dei funzionari e delle sanzioni
CONCLUSIONI

False generalità nelle richieste alla PS e obbligo di denuncia

Le recenti procedure per regolarizzazione extracomunitari devono essere utilizzate con estrema cautela.

Sempre più spesso, capita che dei lavoratori irregolari  si presentino al commissariato con la speranza di poter regolarizzare la propria posizione lavorativa approfittando della recente “sanatoria” che consente ai cittadini stranieri l’emersione dal lavoro irregolare.

In questi casi, tuttavia, gli agenti di polizia , nel corso della verifica delle attestazioni, devono rilevare le eventuali irregolarità, approfondendo ogni elemento dubbio.  L’esame della documentazione ed i riscontri delle impronte digitali effettuati in collaborazione con il personale dell’ufficio immigrazione della Questura, qualora evidenzino delle incongruenze, danno luogo a provvedimenti di denuncia immediata.

Le cronache riportano questi eventi, come recentemente accaduto ad Ostia: gli investigatori hanno scoperto che tre uomini avevano già presentato analoghe richieste negli uffici di polizia di altre province associando le loro domande ad identità diverse. Pertanto sono scattate le denunce per false attestazioni a pubblico ufficiale.

Ecco cosa prevede il Codice Penale:

Art. 495.  Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri.

Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l’identità o lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione fino a tre anni.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata a essere riprodotta in un atto pubblico.

La reclusione non è inferiore ad un anno:

1. se si tratta di dichiarazione in atti dello stato civile;

2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all’autorità giudiziaria o da una persona sottoposta ad indagini alla stessa autorità o alla polizia giudiziaria delegata alle indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

La pena è diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per sé o per altri, il rilascio di certificati o di autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci.

APERTE le procedure on-line per i nulla osta stagionali e autonomi 2010

Il Governo ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 20 aprile 2010, il D.P.C.M. del 1° aprile 2010 contenente la programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l’anno 2010.

Dalle ore 08.00 del 21 aprile 2010, sino alle ore 24.00 del 31 dicembre 2010, i datori di lavoro possono presentare le domande di nulla osta per lavoro stagionale previste dal Decreto Flussi 2010. Le richieste, come di consueto, deveono essere inoltrate con il software ministeriale  disponibile al seguente link: http://nullaostalavoro.interno.it/Ministero/download.

Le quote per lavoro stagionale riguardano:

  • I lavoratori subordinati stagionali non comunitari di Serbia, Montenegro, Bosnia- Herzegovina, Repubblica ex Yugoslava di Macedonia, Kosovo, Croazia, India, Ghana, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Ucraina.
  • I lavoratori subordinati stagionali non comunitari dei seguenti Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria: Tunisia, Albania, Marocco, Mòldavia ed Egitto.
  • I cittadini stranieri non comunitari titolari di permesso di soggiorno per Lavoro subordinato stagionale negli anni 2007, 2008, 2009.

Lo stesso provvedimento consente, inoltre, come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori extracomunitari non stagionali per l’anno 2010, l’ingresso, per motivi di lavoro autonomo, di 4.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, appartenenti alle seguenti categorie:

  • imprenditori che svolgono attività di interesse per l’economia italiana;
  • liberi professionisti;
  • soci e amministratori di società non cooperative;
  • artisti di chiara fama internazionale e di alta qualificazione professionale ingaggiati da enti pubblici e privati;
  • artigiani provenienti da Paesi extracomunitari che contribuiscono finanziariamente agli investimenti effettuati dai propri cittadini sul territorio nazionale.

Nell’ambito della quota sopra descritta, sono ammesse, sino ad un massimo di 1.500 unità, le conversioni di permessi di soggiorno per motivi di studio e formazione professionale in permessi di soggiorno per lavoro autonomo ed è anche consentito l’ingresso in Italia, per motivi di lavoro autonomo, di 1.000 cittadini libici.

Le procedure previste per l’ingresso sul territorio nazionale per lavoro autonomo previste dall’art.26 del T.U. n.286/98 e dall’art.39 del D.P.R. 394/99.

Ecco il testo del decreto:

Art. 1

1. In via di programmazione transitoria delle quote massime di
ingresso di lavoratori non comunitari per l’anno 2010, sono ammessi
in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale, i cittadini
stranieri non comunitari residenti all’estero entro una quota massima
di 80.000 unita’, da ripartire tra le regioni e le province autonome
a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. La quota di cui al comma 1 riguarda:
a) i lavoratori subordinati stagionali non comunitari di Serbia,
Montenegro, Bosnia-Herzegovina, Repubblica ex Jugoslava di Macedonia,
Kosovo, Croazia, India, Ghana, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e
Ucraina;
b) i lavoratori subordinati stagionali non comunitari dei
seguenti Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere
accordi di cooperazione in materia migratoria: Tunisia, Albania,
Marocco, Moldavia ed Egitto;
c) i cittadini stranieri non comunitari titolari di permesso di
soggiorno per lavoro subordinato stagionale negli anni 2007, 2008 o
2009.

Art. 2

1. Come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori
extracomunitari non stagionali per l’anno 2010, e’ consentito
l’ingresso di 4.000 cittadini stranieri non comunitari residenti
all’estero, per motivi di lavoro autonomo, appartenenti alle seguenti
categorie; imprenditori che svolgono attivita’ di interesse per
l’economia italiana, liberi professionisti, soci e amministratori di
societa’ non cooperative, artisti di chiara fama internazionale e di
alta qualificazione professionale ingaggiati da enti pubblici e
privati, nonche’ artigiani purche’ questi ultimi provengano da Paesi
extracomunitari che contribuiscono finanziariamente agli investimenti
effettuati dai propri cittadini sul territorio nazionale.
2. All’interno della quota di cui al comma 1, sono ammesse, sino ad
un massimo di 1.500 unita’, le conversioni di permessi di soggiorno
per motivi di studio e formazione professionale in permessi di
soggiorno per lavoro autonomo.
3. Nell’ambito della quota di cui al comma 1, in considerazione del
Trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione
firmato il 30 agosto 2008, sono ammessi in Italia, per motivi di
lavoro autonomo, 1.000 cittadini libici.

Art. 3

Come ulteriore anticipazione della quota massima di ingresso di
lavoratori extracomunitari non stagionali per l’anno 2010, sono
ammessi in Italia, ai sensi dell’art. 23 del testo unico
sull’immigrazione, 2.000 cittadini stranieri non comunitari residenti
all’estero che abbiano completato programmi di formazione ed
istruzione nel Paese di origine.
Roma, 1° aprile 2010

esonero contributivo per i lavoratori distaccati negli stati UE

E’ appena stata pubblicata la nuova procedura in materia di esonero contributivo per i lavoratori distaccati negli stati membri dell’Unione Europea

Le nuove disposizioni in materia di legislazione applicabile ai lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione Europea sono in vigore dal 1° maggio 2010.

La normativa di riferimento è la seguente: Titolo II del Regolamento (CE) n. 883/2004 (artt. da 11 a 16) e titolo II del Regolamento di applicazione n. 987/2009 (artt. da 14 a 21).

Ecco, in sintesi, la nuova procedura:


NUOVA PROCEDURA IN MATERIA DI  ESONERO CONTRIBUTIVO PER  I  LAVORATORI  DISTACCATI  NEGLI  STATI MEMBRI DELL’UE


Dal 1° maggio 2010 entrano in vigore le nuove disposizioni in materia di legislazione applicabile ai lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione Europea, contenute nel titolo II  del Regolamento (CE) n. 883/2004 (artt. da 11  a 16) e nel titolo  II  del Regolamento di applicazione  n. 987/2009  (artt. da 14 a 21).

Le nuove disposizioni (art. 12) hanno esteso la durata massima del distacco da dodici a ventiquattro
mesi.


Pertanto,  il  formulario  E 101  sarà  sostituito  dal  formulario  A1, che potrà  avere la durata di
ventiquattro mesi, mentre il formulario E 102  verrà abolito.

Nelle ipotesi in cui la durata del distacco, prevista in ventiquattro mesi, debba essere prorogata  per
particolari esigenze, si potrà richiedere l’applicazione dell’art. 16 del Regolamento (CE)  883/2004,
il cui contenuto è analogo a quello dell’art. 17 del Regolamento (CE) 1408/1971.  A questo
proposito nulla è variato per quanto concerne la competenza,  che rimane  attribuita alle Direzioni
Regionali INPS, secondo l’articolazione territoriale individuata in base allo Stato membro in cui il
lavoratore viene inviato.

Per maggiore chiarezza si riportano esempi di situazioni  che possono verificarsi alla data di entrata
in vigore del regolamento 883/2004 (1° maggio 2010):
1.

a)  formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.5.2009 al 30.4.2010   → estensione
del distacco possibile fino al 30.4.2011, conformemente all’art. 12 del  regolamento (CE) n.
883/2004; sarà rilasciato il formulario A1.

b)  formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.3.2010 al 28.2.2011 → estensione del
distacco  possibile fino al 28.2.2012, conformemente all’art. 12 del  regolamento    (CE)  n.
883/2004; sarà rilasciato il formulario A1.

c)  formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.5.2008 al 30.4.2009 + formulario E
102,  emesso per il periodo dal 1.5.2009 al 30.4.2010, → nessun a  estensione del  distacco
possibile conformemente all’art. 12 del  regolamento (CE)  n.  883/2004  (durata massima di
distacco di ventiquattro mesi raggiunta);

d)  formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.3.2009 al 28.2.2010 + formulario E
102,  emesso per il periodo dal 1.3.2010 al 28.2.2011 → nessuna  estensione del  distacco
possibile conformemente all’art. 12 del  regolamento (CE)  n.  883/2004 (durata massima di
distacco di ventiquattro mesi raggiunta);
Per i casi sopra elencati l’estensione del periodo ininterrotto di distacco oltre i ventiquattro mesi
richiede  la  conclusione  di  un accordo  tra le autorità ai sensi  dell’art. 16 del regolamento   (CE)
n. 883/2004.

Si rappresenta, infine, che i nuovi regolamenti non si applicano:
•  ai tre Paesi che hanno aderito all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (Accordo SEE):
Islanda, Liechtenstein, Norvegia;
•  alla Svizzera, alla quale la normativa comunitaria di sicurezza sociale  è  stata estesa,  a
decorrere dal 1° giugno 2002, in base all’Accordo stipulato tra la Confederazione elvetica e
gli Stati dell’Unione europea.

Nei rapporti con tali Stati continuano, pertanto, a trovare applicazione le disposizioni contenute nei
regolamenti (CE)  nn. 1408/71 e 574/72 e ad essere utilizzati i formulari E 101 ed E 102.

I regolamenti nn.1408/71 e 574/72 continuano ad essere applicati anche ai cittadini degli Stati terzi
alle condizioni previste dal regolamento (CE) n. 859 del 14 maggio 2003.

Link al documento ufficiale del Ministero: PROCEDURA DISTACCO

Bozza automatica

La Corte di Cassazione Sezione Lavoro ha ribadito il proprio orientamento in materia di mobbing con la sentenza del 26 marzo 2010, n.7382.  Il testo integrale della sentenza è disponibile a questo link:  A richiesta per i clienti dello studio.

Il principio affermato ormai in modo lapidario è il seguente: per mobbing, riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c., deve intendersi una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datare di lavoro, o del dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisico e psichico e della personalità del medesimo.

Elementi essenziali della condotta e presupposto per l’applicazione degli istituti risarcitori sono:

a

Elementi essenziali della condotta e presupposto per l’applicazione degli istituti risarcitori sono:

a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;

b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;

c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;

d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.

La sentenza, interessante anche per altri aspetti di dettaglio, affronta in modo particolareggiato la casistica dei comportamenti che hanno generato le vessazioni e il mobbing ai danni del lavoratore.

Ecco per estratto il testo:

Questa Corte ha già avuto modo di precisare che per “mobbing”, riconducibile alla violazione degli
obblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c, deve intendersi una condotta nei confronti del
lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o del dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati
comportamenti ostili, che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui
consegue la mortificazione morale e l’emarginazione dei dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi
dell’equilibrio fisiopsichico e della personalità del medesimo. E’ stato quindi precisato che ai fini della
configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti : a) la molteplicità di comportamenti di
carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento
vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; e) il nesso eziologico tra la
condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova
dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. E’ stato infine ritenuto che la valutazione degli
elementi di fatto emersi nel corso del giudizio, ai fini dell’accertamento della sussistenza del mobbing e della
derivazione causale da detto comportamento illecito dei datore di lavoro di danni alla salute del lavoratore,
costituisce apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito e non censurabile in sede di
legittimità se adeguatamente e correttamente motivato (cfr. Cass. n. 3785/2009, n. 22893/2008, n.
22858/2008).
Nella specie la Corte territoriale ha tenuto correttamente presenti gli elementi costitutivi della figura del
“mobbing”, come delineati dalla giurisprudenza, né dal motivo di ricorso è dato comprendere sotto quale
profilo il giudizio della Corte si sia allontanato dalla fattispecie astratta delineata dall’elaborazione
giurisprudenziale, sicché la censura di violazione dell’art. 2087 cc. si rivela destituita di fondamento.
Quanto poi al concreto apprezzamento dei fatti emersi nel corso del giudizio, va osservato che la Corte
territoriale ha dato compiuta ragione della sua decisione partendo da un attento esame di tutte le
testimonianze raccolte, valutate sia nel loro complesso che singolarmente, il giudice di appello, sulla scorta
delle varie testimonianze, è pervenuto al convincimento che il (…) a partire dal 1995, fu preso di mira dal
direttore dello stabilimento fatto oggetto di continui insulti e rimproveri, umiliato e ridicolizzato avanti ai
colleghi di lavoro, adibito sempre più spesso ai lavori più gravosi (addetto ai forni) rispetto a quelli svolti in
passato (addetto alla pulizia degli uffici), nella indifferenza, tolleranza e complicità del legale rappresentate
della società. In questa complessiva valutazione negativa del comportamento datoriale non ha inciso in
senso limitativo o riduttivo la circostanza, non ignorata dal giudice di appello, che al (…) dalla società fosse
stato concesso in comodato un appartamento. In definitiva deve ritenersi che la Corte di Appello abbia
correttamente valutato tutti gli elementi probatori acquisiti ed abbia motivato in modo ampio e privo di
contraddizioni e vizi logici il proprio giudizio, con la conseguenza che le valutazioni del giudice di appello,
risolvendosi in apprezzamenti di fatto, non sono suscettibili di riesame in sede di legittimità.
Infondato è anche il terzo motivo di ricorso. La Corte di Appello ha osservato che la società non aveva
provato la riduzione della produzione ed il riassetto organizzativo che aveva posto a base del licenziamento
del Ha rilevato, anzi, che le testimonianze raccolte inducevano a ritenere che nell’anno del licenziamento la
crisi del settore edilizio era ormai superata, tanto che la società aveva assunto un altro operaio da adibire ai
forni. Ma soprattutto il giudice di appello ha rilevato che la società non aveva in alcun modo provato di non
poter utilizzare il all’interno dell’azienda in mansioni equivalenti, tenuto conto in particolare del fatto che il
lavoratore, come riferito dai testi, era in grado di lavorare su tutte le macchine di produzione e di svolgere
anche lavori di manutenzione degli impianti. Il mancato assolvimento dell’obbligo di repechage, in ordine al
quale la società non deduce specifiche censure, costituisce autonoma ragione di illegittimità del
licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed è di per sé sufficiente a giustificare la conferma della
pronuncia dei giudici di merito.
Infondato, infine, è anche il quarto motivo di ricorso.
La società lamenta in primo luogo che il giudice di appello avrebbe qualificato come “doloso” il
comportamento del legale rappresentante benché il (…) non avesse mai allegato e provato un siffatto
atteggiamento psicologico del datore di lavoro. La censura è priva di fondamento ove si consideri che nella
specie si discute del rapporto assicurativo intercorso tra la (…) e la (…) per cui non ha senso lamentare una
violazione del principio di corrispondenza ex art. 112 c.p.c. con riferimento ad una domanda di accertamento
della illegittimità del licenziamento e di risarcimento danni posta da altro soggetto in relazione a diverso
rapporto giuridico.
La società lamenta in secondo luogo che il giudice di appello ha erroneamente escluso la garanzia
assicurativa benché mancasse del tutto la prova che l’evento dannoso fosse conseguenza del
comportamento doloso del rappresentante della società. La censura è priva di fondamento. Nella specie,
come si evince dalla clausola contrattuale trascritta in memoria dalla compagnia, si tratta di polizza di
assicurazione per la responsabilità civile della società verso i propri dipendenti per infortuni sul lavoro
derivanti da fatti commessi dall’assicurato o da suoi dipendenti. Trattasi dunque di contratto di assicurazione
stipulato a norma dell’art. 1917 cc., per il quale opera la disposizione di cui al primo comma della norma
citata, secondo cui dalla copertura assicurativa “sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”. A quest’ultima
disposizione ha fatto espresso riferimento la Corte di Appello per respingere la domanda di garanzia
avanzata dalla (…) nei confronti della (…).
La Corte territoriale ha rilevato che dal materiale probatorio emergeva incontestabilmente anche il dolo
del sig. (…) amministratore unico della società omonima. A giudizio della Corte, che ha richiamato le
testimonianze di tali (…) è risultato provato che lo stesso (…) fu sempre consapevole dei comportamenti
aggressivi e vessatori tenuti dal (…) nei confronti del e che tollerò e assecondò detti comportamenti senza
far nulla per farli cessare, così accettando consapevolmente il rischio che da tali comportamenti illeciti
potessero derivare conseguenze dannose a carico dei dipendenti. Questa valutazione delle suddette
testimonianze non ha formato oggetto di alcuna censura da parte dell’attuale ricorrente sotto il profilo di
eventuali vizi logici o incongruenze del ragionamento del giudice, essendosi limitato il ricorrente a lamentare
la mancanza di prove del dolo, in insostenibile contrasto con quanto affermato nella sentenza impugnata.

Comportamenti discriminatori degli enti locali, condannati dai tribunali

Il Tribunale di Brescia, con l’ordinanza dell’8 Aprile 2010, ha dichiarato “discriminatorio il comportamento del Comune di Montichiari (Bs) per aver imposto procedure particolari ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti al fine di ottenere l’iscrizione all’anagrafe”.

Lo stesso tribunale ha inoltre ordinato al Comune di cessare il comportamento discriminatorio, imponendo di limitandosi al mero controllo della dimora abituale e di iscrivere un cittadino extracomunitario al quale da oltre un anno veniva negata l’iscrizione anagrafica sulla base di richieste non previste dalla vigente normativa.

L’ordinanza è l’ultima di una serie di provvedimenti analoghi emessi nelle settimane scorse, nei confronti dei Comuni di Ospitaletto e di Brignano d’Adda.

Con l’occasione, evidenziamo che, sempre più spesso, le prassi in atto presso molti Comuni che pongono ostacoli all’iscrizione anagrafica degli stranieri regolarmente soggiornanti, sono generalmente illegittime.

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Interpello su Responsabilità solidale e DURC - appalti

Responsabilità solidale negli appalti e rilascio del DURC

Interpello n. 3 del 2 aprile 2010, sullestensione dell’obbligazione solidale tra committente e appaltatore nonché tra appaltatore e subappaltatore – oltre che agli oneri retributivi, contributivi e fiscali ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 e dell’art. 35, comma 28, del D.L. n. 223/2006 (conv. da L. n. 248/2006) – anche alle somme aggiuntive quali interessi, sanzioni civili e/o oneri accessori ed eventuali sanzioni amministrative connesse all’inadempimento contributivo o fiscale.

La risposta in sintesi:

“… Ciò premesso sembra potersi sostenere che le obbligazioni solidali sopra descritte siano da riferirsi ai soli trattamenti retributivi, contributivi e fiscali escludendo, in linea di massima, ogni forma di solidarietà per somme dovute ad altro titolo. Restano in ogni caso incluse le somme dovute a titolo di interesse sui debiti previdenziali (o fiscali) e le somme dovute a titolo di sanzioni civili.
Sulle prime, infatti, sembra doversi ritenere sussistente il regime di solidarietà, in quanto trattasi di somme dovute in stretto rapporto con gli stessi debiti previdenziali o fiscali, volte a mantenere inalterato il valore reale di quanto dovuto alle Amministrazioni.
A fronte di tale impostazione la medesima conclusione sembra doversi raggiungere con riferimento anche alle c.d. sanzioni civili rispetto alle quali appare evidente la natura risarcitoria.
Per contro, con riferimento ad altre tipologie di sanzioni e/o oneri accessori non sembra possibile ricostruire un regime di solidarietà tra i componenti della filiera, se non nei casi espressamente previsti dal Legislatore (si pensi al regime di solidarietà nell’ambito delle sanzioni amministrative dettato dalla L. n. 689/1981). Le somme dovute a titolo sanzionatorio sono inoltre escluse dalla ratio di garanzia del lavoratore che presiede alla disciplina in esame, là dove le sanzioni sono riconducibili, invece, ad un inadempimento nei confronti della P.A.
Per quanto attiene al secondo quesito, concernente il rilascio del Documento Unico di Regolarità Contribuiva (DURC) al debitore in solido, si precisa che il D.M. 24 ottobre 2007, nell’Allegato A, elenca le disposizioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro, la cui violazione è causa ostativa al rilascio del Documento escludendo le ipotesi esaminate.

Pertanto, per quanto dianzi esposto, atteso che il DURC certifica la regolarità contributiva riconducibile all’unicità del rapporto assicurativo e previdenziale instaurato tra l’impresa richiedente e gli Enti, al quale vanno riferiti tutti gli adempimenti connessi, così come peraltro chiarito da questo Ministero con circ. n. 5/2008, si ritiene che la posizione debitoria nei confronti degli Istituti a carico di un soggetto non impedisca il rilascio del Documento a chi, con lo stesso soggetto, è solidalmente responsabile””.

Interpello ministeriale sull'invio via e-mail dei cedolini

Interpello n. 8 del 2 aprile 2010, sulla possibilità, per il consulente del lavoro che assiste l’azienda in luogo del datore di lavoro su delega di quest’ultimo, di inviare con posta elettronica certificata direttamente al dipendente dell’azienda che assiste, il prospetto di paga. Inoltre, chiede, in caso di gruppi di impresa, se sia possibile l’invio con e-mail certificata, da parte della società “madre”, dei prospetti paga delle aziende facenti parte del gruppo.

La risposta in sintesi:

“…Ciò premesso, va poi ricordato che gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, possono essere svolti, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. n. 12/1979, dal consulente del lavoro e dagli altri soggetti abilitati, su delega del datore di lavoro.
Tra gli adempimenti delegabili, compresi nelle materie indicate, non può non rientrare anche la consegna del prospetto di paga dei dipendenti. Inoltre, tenuto conto che il datore può effettuare la consegna del prospetto di paga anche a mezzo di posta elettronica, risulta del tutto plausibile consentire che detta consegna avvenga nelle medesime modalità anche da parte del consulente del lavoro delegato.
Al riguardo va tuttavia precisato che, ai sensi dell’art. 5 della L. n. 4/1953, la responsabilità per la mancata ricezione del prospetto paga da parte del proprio dipendente, permane in capo al datore di lavoro. La delega dell’adempimento infatti non consente – salvo casi eccezionali in cui il Legislatore prevede specifiche sanzioni anche in capo al professionista delegato (ad es. in materia di Libro Unico del Lavoro) – lo spogliarsi delle relative responsabilità. In tal senso, peraltro, la prova della avvenuta consegna del prospetto paga ricade sul datore di lavoro; prova che, in assenza di email certificata, sarà evidentemente più difficile fornire.
Per quanto concerne, infine, l’ipotesi di gruppi societari in cui le società del gruppo delegano la capogruppo alla consegna del prospetto paga dei propri dipendenti, si ritiene possa adottarsi la medesima soluzione interpretativa”.

Interpelli ministeriali in materia di trasferta

mondoIndennità di trasferta contrattuali

Dalla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali,: interpello n. 15 del 2 aprile 2010

La risposta in sintesi:

“…Pertanto il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro durante la trasferta non costituisce esplicazione dell’attività lavorativa ed il disagio che deriva al lavoratore è assorbito dall’indennità di trasferta.
D’altro canto la giurisprudenza, seppure con riferimento alla nozione di orario di lavoro effettivo dettata dal R.D. n. 692/1923, ha negato costantemente che il tempo di viaggio in occasione della trasferta possa rientrare nell’esplicazione dell’attività lavorativa (si vedano in tal senso le sentenze della Cassazione n. 1202 del 3 febbraio 2000; n. 5359 del 10 aprile 2001; n. 1555 del 3 febbraio 2003 e del Consiglio di Stato n. 8522 del 24 dicembre 2003) evidenziando che il disagio psico-fisico e materiale del lavoratore viene compensato dall’indennità di trasferta.
Più recentemente, con la sentenza n. 5701 del 22 marzo 2004, la Cassazione ha affermato che “il tempo impiegato per raggiungere il posto di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria (con sommatoria al normale orario di lavoro), allorché sia funzionale rispetto alla prestazione. Tale requisito sussiste quando il dipendente, obbligato a presentarsi alla sede dell’impresa, sia inviato, di volta in volta, in varie località per svolgere la prestazione lavorativa”.
Tuttavia, sempre nella stessa sentenza, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che “salvo diverse previsioni contrattuali, il tempo impiegato giornalmente per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo della trasferta non può considerarsi come impiegato nell’esplicazione dell’attività lavorativa vera e propria, non facendo parte dell’orario di lavoro effettivo, e non si somma quindi al normale orario di lavoro”.
Le decisioni giurisprudenziali citate confermano quanto già disposto dal dettato legislativo ovvero che, in caso di trasferta, le relative ore di viaggio non possono essere computate nell’orario di lavoro e il trattamento economico che ne deriva non può che essere di natura indennitaria, nei limiti di quanto disposto dall’art. 51, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).

Si ricorda comunque che proprio l’art. 8, comma 3 del D.Lgs. n. 66/2003 consente alla contrattazione collettiva una differente disciplina delle trasferte che stabilisca in quali casi il tempo di viaggio possa essere considerato come servizio a tutti gli effetti in quanto modalità di espletamento delle prestazioni lavorative (v. ad es. art. 44, comma 1 lett. f, CCNL del 16 maggio 2001 integrativo del CCNL del personale del comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999).
L’eventuale deroga effettuata in sede di contrattazione collettiva, d’altra parte, risulta in linea con la nozione di orario di lavoro, nel quale è logico ricomprendere tutto quanto svolto dal lavoratore nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni nel periodo in cui si trova al lavoro e a disposizione del datore di lavoro.
A parere della scrivente, inoltre, sembra opportuno valutare le eventuali deroghe anche alla luce di quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza n. 5701 del 22 marzo 2004 da ultimo citata, nella quale l’evidente apertura nel considerare le ore di viaggio quale esplicazione dell’attività lavorativa risiede nella funzionalità del tempo impiegato per il viaggio rispetto alla prestazione).”.

Interpello n. 14 del 2 aprile 2010, sulla possibilità per il datore di lavoro di erogare ai propri dipendenti un’indennità di trasferta superiore a quella stabilita in sede di contrattazione collettiva, nazionale o di secondo livello, ma comunque non imponibile ai fini contributivi e fiscali in quanto compresa nei limiti di cui all’art. 51, comma 5, D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, concernente i criteri di determinazione, ai fini fiscali, del reddito da lavoro dipendente.

La risposta in sintesi:

“…In primo luogo, tale maggiorazione, configurando una deroga in melius, non rinviene prima facie, sotto il profilo lavoristico, argomentazioni contrarie alla sua ammissibilità, fatta espressamente salva la piena osservanza del regime fiscale di cui all’art. 51 cit. (in ragione del quale le indennità convenute negli accordi aziendali non devono configurare, per il relativo importo, una sottrazione al Fisco di quota della retribuzione spettante al lavoratore), nonché delle procedure decisionali di cui all’art. 3, commi 1 e 2, D.L. n. 318/1996 (conv. da L. n. 402/1996), che nell’attribuire alla previsione contrattuale la determinazione degli elementi della retribuzione da considerarsi agli effetti previdenziali, impone alle parti stipulanti di curare il deposito degli accordi collettivi relativi a tali elementi presso la competente sede della Direzione provinciale del lavoro e degli Enti previdenziali.
È poi opportuno evidenziare che la frazione di indennità di trasferta che eccede ai fini IRPEF i limiti individuati nell’art. 51 del TUIR (quindi solo l’eccedenza) ha natura retributiva; è ammissibile, quindi, la stipula di un accordo collettivo aziendale per la corresponsione di una indennità di trasferta superiore a quello previsto dalla contrattazione nazionale o territoriale; tale importo tuttavia, ai fini dell’esenzione IRPEF, non dovrà superare i limiti imposti dall’art. 51 del TUIR e l’accordo aziendale deve essere depositato presso gli Enti preposti.

Per quanto concerne, inoltre, la possibilità che una indennità di trasferta superiore a quella contrattuale sia riconosciuta non a livello di contrattazione collettiva bensì in un accordo individuale con singoli lavoratori, si ritiene che, in tale ipotesi, debba applicarsi la disciplina concernente l’istituto del c.d. “superminimo individuale” (eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari). L’eccedenza rispetto all’importo di natura collettiva viene infatti considerata alla stregua del c.d. “superminimo individuale” e quindi soggetta all’imponibilità fiscale e contributiva.
In tale prospettiva, occorre richiamare la costante giurisprudenza di legittimità che sottopone il superminimo al principio generale dell’assorbimento nei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, esclusi i casi in cui la stessa disponga diversamente oppure le parti abbiano attribuito all’eccedenza la natura di compenso speciale, sorretto da un autonomo titolo in quanto strettamente collegato a particolari meriti o a speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente (es. maggiore disagio affrontato per il viaggio necessario all’effettuazione della trasferta), “alla cui dimostrazione, alla stregua dei principi generali sull’onere della prova, è tenuto lo stesso lavoratore” (Cass. Civ., sez. lavoro, 17 luglio 2008, n. 19750).
Si precisa al riguardo che, ai fini della validità del patto di conglobamento del compenso per il lavoro straordinario nella retribuzione ordinaria, è tuttavia richiesto che risultino, in ogni caso, riconosciuti i diritti inderogabili dei lavoratori e determinati i compensi per il lavoro ordinario e straordinario, in modo da consentire il controllo giudiziale sull’effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettantigli per legge o in virtù della contrattazione collettiva (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, 12 novembre 2008, n. 27027).”.

Orario di lavoro – tempo impiegato per recarsi al lavoro

Interpello n. 13 del 2 aprile 2010, sull’esatto inquadramento, nell’ambito della disciplina dell’orario di lavoro, del tempo impiegato dai lavoratori per raggiungere il posto di lavoro.

La risposta in sintesi:

“…Ai fini della risposta al quesito occorre attribuire rilevanza al principio di funzionalità sopra richiamato. Ove l’accesso al punto di raccolta costituisca una mera comodità per il lavoratore (potendo questi recarsi in cantiere anche con mezzi propri), l’orario di lavoro decorre dal momento in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività presso il cantiere.

Viceversa, se è richiesto al lavoratore di recarsi al “punto di raccolta” per utilizzare un particolare mezzo di trasporto o per reperire la strumentazione necessaria o, comunque, di porsi a disposizione del datore di lavoro presso detto “punto di raccolta” entro un determinato momento (ad esempio per esigenze organizzative datoriali), è a partire da quest’ultimo che deve computarsi l’orario di lavoro.”.

INPS: comunicazione unica per la nascita d'impresa

inpsL’INPS, con la circolare n. 41 del 26 marzo 2010, comunica gli adempimenti che gli utenti e gli operatori dovranno formalizzare dal 1° aprile 2010 per la comunicazione unica per la nascita d’impresa.

Ai sensi dell’articolo 5 del citato DPCM 6 maggio 2009, gli adempimenti che possono essere espletati tramite “Comunicazione unica” sono i seguenti:

a) dichiarazione di inizio attività, variazione dati o cessazione attività ai fini IVA, ai sensi dell’art. 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;

b) domanda d’iscrizione di nuove imprese, modifica, cessazione nel registro imprese e nel R.E.A., con esclusione dell’adempimento del deposito del bilancio;

c) domanda d’iscrizione, variazione, cessazione dell’impresa ai fini INAIL;

d) domanda d’iscrizione, variazione, cessazione al registro imprese con effetto per l’INPS relativamente alle imprese artigiane ed esercenti attività commerciali, ai sensi dell’art. 44, comma 8, del decreto-legge n. 269/2003;

e) domanda di iscrizione e cessazione di impresa con dipendenti ai fini INPS;

f) variazione dei dati d’impresa con dipendenti ai fini INPS in relazione a:

1) attività esercitata;

2) cessazione attività;

3) modifica denominazione impresa individuale;

4) modifica ragione sociale;

5) riattivazione attività;

6) sospensione attività;

7) modifica della sede legale;

8) modifica della sede operativa;

g) domanda di iscrizione, variazione e cessazione di impresa agricola ai fini INPS;

h) domanda di iscrizione, variazione e cessazione di impresa artigiana nell’albo delle imprese artigiane.

La circolare integrale è disponibile al seguente LINK

Il made in italy è legge: obbligatorie le certificazioni lavoristiche e di sicurezza

Certificazione Made in Italy BCPCDal 1° ottobre 2010 saranno in vigore le nuove disposizioni normative relative al marchio Made in Italy. Il provvedimento riguarda tutte le aziende dei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero. Viene introdotto, per tutti i prodotti, l’obbligo di indicazione in etichetta del luogo di lavorazione e, a corredo, di una serie di indicazioni che richiedono attento studio e certificazione da parte di professionisti qualificati.

Ecco il testo di legge: Articolo 1 comma 3. Nell’etichetta dei prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, l’impresa produttrice deve fornire in modo chiaro e sintetico informazioni specifiche sulla conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro, garantendo il rispetto delle convenzioni siglate in seno all’Organizzazione internazionale del lavoro lungo tutta la catena di fornitura, sulla certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti, sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e sul rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale.

Il provvedimento integrale è scaricabile da questo LINK

Bernieri Consulting e Pogliani Consulting hanno istituito uno specifico servizio di audit lavoristico e di conformità ai requisiti obbligatori per l’etichettatura dei prodotti del settore tessile, pelletteria e calzaturiero. L’audit è finalizzato all’individuazione di eventuali elementi ostativi e all’emissione di una certificazione dei requisiti richiesti relativi a:

  • rispetto delle norme lavoristiche
  • rispetto delle convenzioni ILO
  • certificazioni di igiene e sicurezza dei prodotti
  • rispetto della normativa Europea e accordi internazionali in materia di ambiente

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Per maggiori informazioni, quotazioni e per attivare il servizio, usi il form di contatto a questo indirizzo: http://berniericonsulting.com/general/il-made-in-italy-e-certificazioni-463

|| Form di Contatto ||
  1. (Richiesto)
 

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Newsletter di Agosto – regolarizzazione COLF e Badanti

sans_papier_2Pubblichiamo la circolare di Agosto 2009 elaborata da Pogliani Consulting, riguardante la regolarizzazione di Colf e Badanti.

Circolare Agosto 2009

Archivio Newsletter

Newsfire Flames_512x512Entro la fine di settembre saranno online le Newsletter edite da Silvia Pogliani e pubblicate dai partner dello studio.

Sarà inoltre pubblicato l’archivio delle Newsletter precedenti, già pubblicate.

Nuovo Sito

Three traffic cones

Lo studio di consulenza del lavoro Pogliani Consulting ha il piacere di annunciare il completo restyling del proprio sito.

Saranno presto implementate nuove sezioni, nuovi materiali e contenuti in continua crescita.

Anche la sezione News sarà aggiornata in tempo reale con le newsletter emesse dallo studio.

Cordiali saluti

Silvia Pogliani