Con la circolare congiunta n° 18 del 2011 sono state estese anche alle quote previste dall’attuale decreto flussi le regole a suo tempo fissate per gli ingressi dei lavoratori stagionali.
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Con la circolare congiunta n° 18 del 2011 sono state estese anche alle quote previste dall’attuale decreto flussi le regole a suo tempo fissate per gli ingressi dei lavoratori stagionali. Il datore di lavoro, una volta “ottenuta” la quota e dopo aver completato l’iter, accompagnando il lavoratore extracomunitario per la firma del contratto di soggiorno dinanzi allo Sportello Immigrazione, dovrà effettuare la comunicazione “UNILAV” (ex C/ASS) entro 48 ORE DALLA DATA DELLA FIRMA DEL CONTRATTO DI SOGGIORNO stesso.
Ciò impone, naturalmente, che il lavoratore si faccia parte diligente attivandosi il giorno stesso della convocazione allo Sportello Immirazione o, al più tardi, il giorno successivo, andando presso uno degli uffici postali abilitati per effettuare la spedizione del cd “kit postale”
Regolamento recante la disciplina dell’accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato, a norma dell’articolo 4-bis, comma 2, del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Il Ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha presentato al preconsiglio dei Ministri, che passerà all’esecutivo nei prossimi giorni, i dettagli relativi al nuovo permesso di soggiorno a punti: ACCORDO DI INTEGRAZIONE
Doveri degli stranieri:
Sarà possibile, inoltre, dopo un mese dalla stipula dell’accordo d’integrazione, la partecipazione gratuita ad una sessione di formazione civica e sulla vita in Italia della durata di un giorno. Nella bozza in discussione è presente, inoltre, una forte limitazione che sarà certamente oggetto di vaglio costituzionale: “Non si fa luogo alla stipula dell’accordo e, se stipulato, questo si intende risolto, qualora lo straniero sia affetto da patologie o da disabilità tali da limitare gravemente l’autosufficienza o da determinare gravi difficoltà di apprendimento linguistico e culturale, attestati mediante la documentazione di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto del presidente della repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 o, altrimenti, mediante una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale”. Il meccanismo a punti prevede, oltre alle attività necessarie per acquisire punti, anche i fatti idonei a decurtare i punti medesimi: possono infatti, essere tolti un massimo di 25 punti o di 8 punti , ad esempio, in caso di condanna, rispettivamente, a pene non inferiori a tre anni o per illeciti amministrativi. La bozza del testo di legge e il regolamento, con allegati e tabelle, è scaricabile da questo link: BOZZA PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI. Pogliani Consulting è a disposizione per assistere le aziende e i lavoratori nelle pratiche di immigrazione, permesso di soggiorno, distacco, cittadinanza, ecc. Per maggiori informazioni, cliccare QUI Il Governo ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 20 aprile 2010, il D.P.C.M. del 1° aprile 2010 contenente la programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l’anno 2010. Dalle ore 08.00 del 21 aprile 2010, sino alle ore 24.00 del 31 dicembre 2010, i datori di lavoro possono presentare le domande di nulla osta per lavoro stagionale previste dal Decreto Flussi 2010. Le richieste, come di consueto, deveono essere inoltrate con il software ministeriale disponibile al seguente link: http://nullaostalavoro.interno.it/Ministero/download. Le quote per lavoro stagionale riguardano:
Lo stesso provvedimento consente, inoltre, come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori extracomunitari non stagionali per l’anno 2010, l’ingresso, per motivi di lavoro autonomo, di 4.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, appartenenti alle seguenti categorie:
Nell’ambito della quota sopra descritta, sono ammesse, sino ad un massimo di 1.500 unità, le conversioni di permessi di soggiorno per motivi di studio e formazione professionale in permessi di soggiorno per lavoro autonomo ed è anche consentito l’ingresso in Italia, per motivi di lavoro autonomo, di 1.000 cittadini libici.
Ecco il testo del decreto: Art. 1 1. In via di programmazione transitoria delle quote massime di Art. 2 1. Come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori Art. 3 Come ulteriore anticipazione della quota massima di ingresso di E’ appena stata pubblicata la nuova procedura in materia di esonero contributivo per i lavoratori distaccati negli stati membri dell’Unione Europea Le nuove disposizioni in materia di legislazione applicabile ai lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione Europea sono in vigore dal 1° maggio 2010. La normativa di riferimento è la seguente: Titolo II del Regolamento (CE) n. 883/2004 (artt. da 11 a 16) e titolo II del Regolamento di applicazione n. 987/2009 (artt. da 14 a 21). Ecco, in sintesi, la nuova procedura:
NUOVA PROCEDURA IN MATERIA DI ESONERO CONTRIBUTIVO PER I LAVORATORI DISTACCATI NEGLI STATI MEMBRI DELL’UE
Le nuove disposizioni (art. 12) hanno esteso la durata massima del distacco da dodici a ventiquattro
Nelle ipotesi in cui la durata del distacco, prevista in ventiquattro mesi, debba essere prorogata per Per maggiore chiarezza si riportano esempi di situazioni che possono verificarsi alla data di entrata a) formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.5.2009 al 30.4.2010 → estensione b) formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.3.2010 al 28.2.2011 → estensione del c) formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.5.2008 al 30.4.2009 + formulario E d) formulario di distacco E 101 emesso per il periodo dal 1.3.2009 al 28.2.2010 + formulario E Si rappresenta, infine, che i nuovi regolamenti non si applicano: Nei rapporti con tali Stati continuano, pertanto, a trovare applicazione le disposizioni contenute nei I regolamenti nn.1408/71 e 574/72 continuano ad essere applicati anche ai cittadini degli Stati terzi Link al documento ufficiale del Ministero: PROCEDURA DISTACCO La Corte di Cassazione Sezione Lavoro ha ribadito il proprio orientamento in materia di mobbing con la sentenza del 26 marzo 2010, n.7382. Il testo integrale della sentenza è disponibile a questo link: A richiesta per i clienti dello studio. Il principio affermato ormai in modo lapidario è il seguente: per mobbing, riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c., deve intendersi una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datare di lavoro, o del dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisico e psichico e della personalità del medesimo. Elementi essenziali della condotta e presupposto per l’applicazione degli istituti risarcitori sono: a Elementi essenziali della condotta e presupposto per l’applicazione degli istituti risarcitori sono: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. La sentenza, interessante anche per altri aspetti di dettaglio, affronta in modo particolareggiato la casistica dei comportamenti che hanno generato le vessazioni e il mobbing ai danni del lavoratore. Ecco per estratto il testo: Questa Corte ha già avuto modo di precisare che per “mobbing”, riconducibile alla violazione degliobblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c, deve intendersi una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o del dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili, che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione dei dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisiopsichico e della personalità del medesimo. E’ stato quindi precisato che ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti : a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; e) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. E’ stato infine ritenuto che la valutazione degli elementi di fatto emersi nel corso del giudizio, ai fini dell’accertamento della sussistenza del mobbing e della derivazione causale da detto comportamento illecito dei datore di lavoro di danni alla salute del lavoratore, costituisce apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente e correttamente motivato (cfr. Cass. n. 3785/2009, n. 22893/2008, n. 22858/2008). Nella specie la Corte territoriale ha tenuto correttamente presenti gli elementi costitutivi della figura del “mobbing”, come delineati dalla giurisprudenza, né dal motivo di ricorso è dato comprendere sotto quale profilo il giudizio della Corte si sia allontanato dalla fattispecie astratta delineata dall’elaborazione giurisprudenziale, sicché la censura di violazione dell’art. 2087 cc. si rivela destituita di fondamento. Quanto poi al concreto apprezzamento dei fatti emersi nel corso del giudizio, va osservato che la Corte territoriale ha dato compiuta ragione della sua decisione partendo da un attento esame di tutte le testimonianze raccolte, valutate sia nel loro complesso che singolarmente, il giudice di appello, sulla scorta delle varie testimonianze, è pervenuto al convincimento che il (…) a partire dal 1995, fu preso di mira dal direttore dello stabilimento fatto oggetto di continui insulti e rimproveri, umiliato e ridicolizzato avanti ai colleghi di lavoro, adibito sempre più spesso ai lavori più gravosi (addetto ai forni) rispetto a quelli svolti in passato (addetto alla pulizia degli uffici), nella indifferenza, tolleranza e complicità del legale rappresentate della società. In questa complessiva valutazione negativa del comportamento datoriale non ha inciso in senso limitativo o riduttivo la circostanza, non ignorata dal giudice di appello, che al (…) dalla società fosse stato concesso in comodato un appartamento. In definitiva deve ritenersi che la Corte di Appello abbia correttamente valutato tutti gli elementi probatori acquisiti ed abbia motivato in modo ampio e privo di contraddizioni e vizi logici il proprio giudizio, con la conseguenza che le valutazioni del giudice di appello, risolvendosi in apprezzamenti di fatto, non sono suscettibili di riesame in sede di legittimità. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso. La Corte di Appello ha osservato che la società non aveva provato la riduzione della produzione ed il riassetto organizzativo che aveva posto a base del licenziamento del Ha rilevato, anzi, che le testimonianze raccolte inducevano a ritenere che nell’anno del licenziamento la crisi del settore edilizio era ormai superata, tanto che la società aveva assunto un altro operaio da adibire ai forni. Ma soprattutto il giudice di appello ha rilevato che la società non aveva in alcun modo provato di non poter utilizzare il all’interno dell’azienda in mansioni equivalenti, tenuto conto in particolare del fatto che il lavoratore, come riferito dai testi, era in grado di lavorare su tutte le macchine di produzione e di svolgere anche lavori di manutenzione degli impianti. Il mancato assolvimento dell’obbligo di repechage, in ordine al quale la società non deduce specifiche censure, costituisce autonoma ragione di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed è di per sé sufficiente a giustificare la conferma della pronuncia dei giudici di merito. Infondato, infine, è anche il quarto motivo di ricorso. La società lamenta in primo luogo che il giudice di appello avrebbe qualificato come “doloso” il comportamento del legale rappresentante benché il (…) non avesse mai allegato e provato un siffatto atteggiamento psicologico del datore di lavoro. La censura è priva di fondamento ove si consideri che nella specie si discute del rapporto assicurativo intercorso tra la (…) e la (…) per cui non ha senso lamentare una violazione del principio di corrispondenza ex art. 112 c.p.c. con riferimento ad una domanda di accertamento della illegittimità del licenziamento e di risarcimento danni posta da altro soggetto in relazione a diverso rapporto giuridico. La società lamenta in secondo luogo che il giudice di appello ha erroneamente escluso la garanzia assicurativa benché mancasse del tutto la prova che l’evento dannoso fosse conseguenza del comportamento doloso del rappresentante della società. La censura è priva di fondamento. Nella specie, come si evince dalla clausola contrattuale trascritta in memoria dalla compagnia, si tratta di polizza di assicurazione per la responsabilità civile della società verso i propri dipendenti per infortuni sul lavoro derivanti da fatti commessi dall’assicurato o da suoi dipendenti. Trattasi dunque di contratto di assicurazione stipulato a norma dell’art. 1917 cc., per il quale opera la disposizione di cui al primo comma della norma citata, secondo cui dalla copertura assicurativa “sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”. A quest’ultima disposizione ha fatto espresso riferimento la Corte di Appello per respingere la domanda di garanzia avanzata dalla (…) nei confronti della (…). La Corte territoriale ha rilevato che dal materiale probatorio emergeva incontestabilmente anche il dolo del sig. (…) amministratore unico della società omonima. A giudizio della Corte, che ha richiamato le testimonianze di tali (…) è risultato provato che lo stesso (…) fu sempre consapevole dei comportamenti aggressivi e vessatori tenuti dal (…) nei confronti del e che tollerò e assecondò detti comportamenti senza far nulla per farli cessare, così accettando consapevolmente il rischio che da tali comportamenti illeciti potessero derivare conseguenze dannose a carico dei dipendenti. Questa valutazione delle suddette testimonianze non ha formato oggetto di alcuna censura da parte dell’attuale ricorrente sotto il profilo di eventuali vizi logici o incongruenze del ragionamento del giudice, essendosi limitato il ricorrente a lamentare la mancanza di prove del dolo, in insostenibile contrasto con quanto affermato nella sentenza impugnata. Responsabilità solidale negli appalti e rilascio del DURC
Interpello n. 3 del 2 aprile 2010, sull’estensione dell’obbligazione solidale tra committente e appaltatore nonché tra appaltatore e subappaltatore – oltre che agli oneri retributivi, contributivi e fiscali ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 e dell’art. 35, comma 28, del D.L. n. 223/2006 (conv. da L. n. 248/2006) – anche alle somme aggiuntive quali interessi, sanzioni civili e/o oneri accessori ed eventuali sanzioni amministrative connesse all’inadempimento contributivo o fiscale.
La risposta in sintesi:
“… Ciò premesso sembra potersi sostenere che le obbligazioni solidali sopra descritte siano da riferirsi ai soli trattamenti retributivi, contributivi e fiscali escludendo, in linea di massima, ogni forma di solidarietà per somme dovute ad altro titolo. Restano in ogni caso incluse le somme dovute a titolo di interesse sui debiti previdenziali (o fiscali) e le somme dovute a titolo di sanzioni civili. Pertanto, per quanto dianzi esposto, atteso che il DURC certifica la regolarità contributiva riconducibile all’unicità del rapporto assicurativo e previdenziale instaurato tra l’impresa richiedente e gli Enti, al quale vanno riferiti tutti gli adempimenti connessi, così come peraltro chiarito da questo Ministero con circ. n. 5/2008, si ritiene che la posizione debitoria nei confronti degli Istituti a carico di un soggetto non impedisca il rilascio del Documento a chi, con lo stesso soggetto, è solidalmente responsabile””. Interpello n. 8 del 2 aprile 2010, sulla possibilità, per il consulente del lavoro che assiste l’azienda in luogo del datore di lavoro su delega di quest’ultimo, di inviare con posta elettronica certificata direttamente al dipendente dell’azienda che assiste, il prospetto di paga. Inoltre, chiede, in caso di gruppi di impresa, se sia possibile l’invio con e-mail certificata, da parte della società “madre”, dei prospetti paga delle aziende facenti parte del gruppo.
La risposta in sintesi:
“…Ciò premesso, va poi ricordato che gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, possono essere svolti, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. n. 12/1979, dal consulente del lavoro e dagli altri soggetti abilitati, su delega del datore di lavoro. |
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